Il piacere di sussurrare...

Incontro con il compositore Daniele Zanettovich - Farra d'Isonzo, 11 ottobre 2001

 

Come è avvenuto, Maestro, l'incontro con la chitarra?
Devo premettere che, quando vinsi il "Prix Prince Pierre de Monaco" nel 1972, entrai in contatto con la casa editrice francese Alphonse Leduc con la quale si avviò una collaborazione che durò oltre un decennio. Fu questo editore a chiedermi - tra le altre cose - una composizione per flauto e chitarra dedicata agli allievi dei corsi inferiori: io scelsi alcune ninne-nanne di diverse regioni italiane, e ne feci una libera elaborazione per flauto e chitarra) dando alle stampe le Cinq Berceuses Populaires.

Quale è stato il percorso attuato in questi anni nello scrivere nuove opere per lo strumento?
È stato un percorso un po' strano, direi quasi un percorso a ritroso. Infatti, dopo la prima esperienza di cui si è detto, e che - come composizione didattica - prevedeva necessariamente un utilizzo assai limitato delle possibilità dello strumento, trascorse quasi un decennio in cui non scrissi nulla per chitarra. Quando mi si ripresentò l'occasione di riaccostarmi allo strumento, e senza limiti di difficoltà, forse per un'inconscia reazione, mi sentii attratto dall'esplorazione delle risorse timbriche più particolari, e specialmente dalle svariate possibilità di utilizzo dei suoni armonici. Planh è quasi uno studio sugli armonici della chitarra. Ovviamente le ricerche effettistiche presupponevano il continuo ricorso alle cortesi consulenze degli strumentisti, e attraverso questi contatti andai poco per volta a "capire" e quindi a riconoscere la natura intrinseca dello strumento. Notturno sopra un'aria trovadorica segna già, per me, l'inizio di questo "nuovo" rapporto con la chitarra, che si farà via via più equilibrato: direi quasi più aperto. Come se poco a poco avessi superato delle diffidenze, anche grazie all'esperienza fatta con la rivisitazione delle Canzoni popolari di Garcia-Lorca (nella versione per voce e quartetto di chitarre, recentemente incisa dal Quartetto Torroba) che mi hanno portato a condividere un aspetto più popolaresco nella trattazione dello strumento. Bolero in rosso è una conseguenza di questa fase, mentre nel rielaborare per chitarra un'antica melodia del '300 spagnolo (Aria) - melodia che peraltro ho utilizzato anche per altri strumenti - ho sentito il fascino "medievale" dello strumento a pizzico. Il che mi ha condotto all'utilizzo dell'alternativa liuto/chitarra nella rappresentazione sacra La Strada di Levata e nel Canticum Ezechiae. Sintesi più recente di tutto questo itinerario la Serenata galante che è - per lo meno come scrittura - il più "tradizionale" dei pezzi che ho dedicato alla chitarra.

Quali sono le sue personali affinità estetiche con la chitarra?
Considerando il "percorso" del mio linguaggio direi che le affinità con il mondo della chitarra si sono manifestate e rafforzate in ragione di due fattori: il primo legato a un processo di "riscoperta dell'arcaico" che si riscontra nei miei lavori a partire dalla prima Symphonia super tenor Aquileiensis del 1979, e che è tuttora presente; la seconda in quella che definirei una maggior convinzione nel trattare la musica di matrice popolare o, comunque, di carattere popolare. Un elemento che, se è stato presente praticamente in tutti gli stadi della mia produzione, Solo negli ultimi tempi si è fatto più esplicito e più diretto.

Quali sono i problemi di natura strumentale che ha incontrato nello scrivere per chitarra?
Ogni strumento pone sostanzialmente il problema di rispettare i suoi limiti e, nello stesso tempo, valorizzare le sue risorse. Quando non si è avuto un rapporto diretto con lo strumento per cui si scrive, non rimane che ricorrere alla cortesia degli esecutori (nel caso specifico: dei chitarristi) e, dopo aver steso una prima bozza - "costruire" il pezzo assieme a loro attraverso una serie di incontri. Queste sedute - alle quali i chitarristi con cui ho collaborato (e che qui ringrazio) hanno partecipato sempre con grande disponibilità - consentono al compositore la valutazione del rapporto difficoltà-resa: sono moltissimi i casi in cui un prezioso suggerimento consente di trovare una valida alternativa che, senza nulla togliere all' "idea", semplifica il passaggio moltiplicandone la resa.

Forse oggigiorno l'attenzione dei compositori verso la chitarra è maggiore rispetto ad una decina d'anni fa, ma c'è ancora, da parte di molti compositori, qualche esitazione a scrivere per lo strumento.
Da quando il mio linguaggio si è consolidato in una certa direzione, riscoprendo dapprima i moduli arcaici e quindi estremamente diatonici, e poi riscoprendo il gusto per quei moduli che hanno - diciamo semplicemente - la possibilità di riconoscersi tonalmente, sono andato certamente incontro alla chitarra. Coloro che ancora avversano quello che chiamerei una riconciliazione col passato vivono indubbiamente un rapporto difficile con uno strumento che ha delle caratteristiche strutturali che a questo passato sono inscindibilmente legate.

Quali sono le peculiarità dello strumento che, secondo lei, dovrebbero risaltare in una composizione, che cosa cerca soprattutto di ricavare dalla chitarra?
In primo luogo la resa dinamica. La chitarra è uno strumento che notoriamente soffre di questo limite: occorre trovare (e avere il coraggio di utilizzare) delle soluzioni che vadano in direzione positiva, riuscendo ad esaltare il potenziale dello strumento e, conseguentemente, a dare allo strumentista la soddisfazione di trovare un riscontro al suo impegno. È inutile la ricerca del nuovo a tutti i costi, primo perché la sperimentazione fine a se stessa si è ormai esaurita, secondo perché si rischia di andare contro allo strumento e allo strumentista (e mi pare che non sia un buon proposito).

Che cosa si aspetta da un chitarrista che interpreta le sue composizioni? Che cosa viene disatteso a volte nelle esecuzioni?
Con l'esperienza si deve arrivare a fornire ad ogni strumentista (e qui il discorso vale per tutti, chitarristi e non) un testo che deve consentire all'interprete di realizzare all '85-90% l'"idea" (intesa come progetto sonoro ed emozionale) del compositore. Quel 10-15% è il margine costituito dalle variabili legate alla sensibilità dell'interprete stesso, sensibilità che si somma al messaggio emozionale del compositore: un'esecuzione non potrà mai essere una fotocopia dell'idea dell'autore, perché ci deve essere un ragionevole spazio per il contributo dell'interprete. Sottolineo: un contributo, poiché l'interprete - che è colui che trasmette questa idea all'ascoltatore - scopre e valorizza qualcosa che va sicuramente in questa direzione. E, comunque, soltanto chi lo ha scritto ha un'idea assoluta del brano: l'ascoltatore non può soffrire di questo inevitabile margine di scostamento. Certo: si fa riferimento a strumentisti tecnicamente capaci e professionalmente onesti, che si sforzano di rispettare tutte le indicazioni del testo. Se, a fronte di queste premesse, il risultato dovesse rivelarsi eccessivamente diverso dall' "idea" vuol dire che qualcosa non ha funzionato: o nel messaggio grafico (carente? approssimativo?) o, peggio, nei calcoli progettuali (formali, strutturali, dinamici, coloristici).

Qual è, Maestro, l'ultima composizione per chitarra che ha scritto?
La Serenata galante del 2000.


E il brano per chitarra da lei composto al quale è più affezionato o che sente che sia riuscito particolarmente bene? Di solito è l'ultimo in ordine cronologico.
Sì - di solito l'ultimo lavoro è quello che si ritiene sia riuscito meglio, se non altro perché è quello più vicino ai canoni estetici in cui - in quel momento - si ritiene di identificarsi. Però un brano al quale sono mo1to affezionato, e che ho avuto modo di riascoltare spesso nell'esecuzione del Trio Silene (Daniela Brussolo, flauto; Angela Cavallo, corno inglese; Paola Selva, chitarra) è Aria, avanera e fandango. Un gran merito va indubbiamente a questo complesso che, avendone fatto uno dei suoi cavalli di battaglia in tutti i concerti e i concorsi, lo ha assimilato al punto da renderlo con tale scioltezza e fusione da farmelo rivivere ogni volta con piacere.

L'Aria, il movimento iniziale di questo brano, è stata usata più volte nelle sue composizioni: come mai questa preferenza?
L'aria che ho utilizzato è un frammento di musica sacra del gotico spagnolo: vi percepisco il fascino del sacro, dell'antico e dell'arabesco. L'ho utilizzata in un solo da concerto per tromba e frequenza (scritto per Gabriele Cassone) e, molti anni fa, nelle Arie rinascimentali spagnole per fagotto e violoncello. Ma ogni volta l'ho trattata in modo completamente diverso, per cui ognuno di questi brani ha una storia a sé.

Parte della sua attività artistica è dedicata alla revisione di opere del passato ed è proprio grazie a Lei che è stato possibile rendere disponibile ai chitarristi un'importante opera del primo Ottocento, Il Concerto per chitarra e orchestra di Giovanni Bonfante detto Panizza. Al di là del valore documentario del Concerto, quale giudizio dà dell'opera?
Mi sono imbattuto, come mi è capitato anche in altre occasioni, in un lavoro scritto da una mano che conosce molto bene lo strumento a cui il Concerto è dedicato: la mano di un musicista che ha una scorrevole e fresca vena inventiva (in questo caso di vago sapore rossiniano) e un felice intuito della struttura generale. Quando poi si scende ai particolari tecnici riguardanti l'armonia e la strumentazione accade che questi musicisti - certamente più istintivi che razionali - rivelino delle lacune che, al giorno d'oggi, rendono di fatto inutilizzabile così come sta l'opera che ci hanno lasciato. È pertanto compito del revisore il procedere, con umiltà e con rispetto, in questo genere di ricostruzioni attenendosi rigorosamente ad un proposito: conservare tutto ciò che si può e rifare tutto ciò che si deve. E, rifacendo, cercare di tradurre in pratica, possibilmente valorizzandole, tute quelle intenzioni dell'Autore che un'attenta lettura del manoscritto ci permette di individuare.

Lei è insegnante di Composizione in Conservatorio dal 1973: i suoi allievi hanno forse scritto qualche cosa per chitarra?
Al di là dei chitarristi, che si sono accostati alla composizione proprio in funzione del loro strumento, devo dire che negli altri questo feeling non si è realizzato, o meglio: non si è realizzato durante gli anni di studio. Probabilmente la ragione sta in questo: l'artista molto giovane tende a preferire i colori più intensi, tende a gridare: è più affascinato dal mondo delle percussioni, degli ottoni, del coro. Man mano che si matura si scopre il piacere di sussurrare, si scopre il gusto per la miniatura: la chitarra classica è uno strumento fatto per l'intimità dei piccoli ambienti, non certo adatto all'affresco musicale a forti tinte.

C'è un maggior desiderio d'affermazione nei giovani.
Si, c'è - com'è giusto che ci sia - una forte esuberanza, una gran voglia di dare dei messaggi forti. La chitarra non può soddisfare questo tipo di esigenza, salvo il violentarla snaturando tutte le sue caratteristiche e calpestando la sua tradizione.

Grazie, Maestro, per la bella chiacchierata.

(L'intervista è stata pubblicata dalla rivista "Il Fronimo", n. 117  - gennaio 2002)

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Opere per chitarra di Daniele Zanettovich

CINQ BERCEUSES POPULAIRES (1978) per flauto e chitarra - Ed. Leduc - Paris
AIRE DE NOCTURNO (1984) versione per arpa, chitarra, mandolino e frequenza - Edizioni Pizzicato N.050 Udine
PLANH (1987) per una o più chitarre, voci e strumenti ad libitum, e frequenza - Edizioni Pizzicato I.S.B.N. 88-7736-077-1 - Udine
NOTTURNO SOPRA UN'ARIA TROVADORICA ( 1988) per chitarra - Edizioni Edipan - Roma
TEMPO DI AVANERA E FANDANGO (1990) per violino e chitarra - Edizioni Agenda - Bologna
CANTARES POPULARES (1991) libera versione delle 13 canzoni popolari di F. Garcia-Lorca per voce e quartetto di chitarre (oppure orchestra di chitarre con una percussione ad libitum) - Inedito
BOLERO IN ROSSO (1992) per chitarra in "Antologia di autori contemporanei" a cura di Claudio Margaria - Edizioni Curci - Milano
ARIA sopra un'antica melodia spagnola (1993) per chitarra - Inedito
ARIA, AVANERA E FANDANGO
- versione per chitarra e pianoforte (1993) - Inedito
- versione per flauto e chitarra (1995)*
- versione per flauto, corno inglese e chitarra (1995)*
* Edizioni Agenda - Bologna
SEI CANZONI ANDALUSE
- versione per chitarra (1994) - Inedito
- versione per tre chitarre (1997) - Inedito
- versione per flauto, corno inglese e chitarra (1998) - Inedito
"LA STRADA DI LEVATA" rappresentazione sacra per soli, coro maschile e strumenti (1995-96)
per il Cinquantennale del Coro Polifonico di Ruda - organico strumentale: 2 trombe, 2 tromboni, organo, timpani, 1 percussione, liuto (o chitarra) - Edizioni Casa Musicale Sonzogno - Milano
"PIOVE SU UNO SPECCHIO…" E "IL VENTO TRA I GHIACCIOLI" per chitarra (1996) in "La chitarra oggi" - Raccolta di pezzi facili contemporanei a cura di Alfonso Baschiera - Edizioni Suvini Zerboni - Milano
CANTICUM EZECHIAE (1996) per mezzosoprano, coro e strumenti - organico: flauto, liuto (o chitarra), timpani, 2 violini, viola, violoncello e contrabbasso - Inedito
SERENATA GALANTE per chitarra (2000) - Edizioni Armelin - Padova

Revisioni
GIOVANNI BONFANTE detto PANIZZA -
Concerto per chitarra e piccola orchestra (1824) - Edizioni Casa Musicale Sonzogno - Milano

Viozzi Guitar Duo