LA VERA STORIA DI UN CHITARRISTA DILETTANTE

(Franco Vuan)

La toccante testimonianza di Franco Vuan di Tolmezzo (Udine) che ci racconta il suo amore per lo strumento.

Avevo quattro anni quando sentii per la prima volta con attenzione, mio nonno e la sua chitarra. Erano duri tempi di guerra e spesse volte urlavano le sirene prevedendo incursioni aeree. Allora egli si alzava, prendeva la chitarra e per non farci sentire l’imminente rombo cupo dal cielo, si inventava filastrocche più o meno interessanti e cruente, arpeggiando dolcemente. Una di queste, non so il perché, mi è rimasta scolpita nel tempo e diceva cosi’:

la scimmia Bertuccia che della mela

mangia anche la buccia,

ti spalpagna e ti sgrifigna e ti mangia

come una tistigna.

Mi spiegò più avanti che anche lui aveva paura della guerra e cercava di difendersi con le filastrocche, alla baionetta. Inevitabilmente poi morì in pace dopo aver visto fughe di cavalli e cosacchi, invadere le nostre misere case dai tedeschi e dopo un interminabile silenzio, l’arrivo trionfante degli americani. La chitarra riposava come lui, ma in soffitta. Cominciai dapprima ad accarezzarla timidamente per poi riportarla alla luce sconfiggendo i tristissimi ricordi. La guardavo ma era muta ed ebbi un lampo, un'idea. La mia radio urlava felice in libertà e cominciai lentamente a girare la manopola come avevo visto fare i grandi, in segreto, in tempo di guerra, sintonizzandosi su radio Londra. Finalmente risentii il dolce suono, inizialmente confuso da una voce che diceva pressappoco, ( ici Paris, radio-diffusion française, il est l’heure de la guitare, duo Ida Presti e Alexander Lagoya) ed ascoltai di Granados la Danza orientale e tante altre per tantissime altre sere. Da quel giorno non potevo fare a meno di strimpellare e mi resi conto che dovevo a tutti i costi trovare un maestro. Ma a quei tempi decidere qualcosa era impossibile e così mio padre mi trovò un posto in fabbrica dove non esistevano dolci suoni ma brutti odori e tanti rumori sopra i 100 decibel. Comperai una Meazzi nera ma piccola con le corde di acciaio e mi presentai in casa di un maestro di musica appena arrivato da Reggio Emilia. Il maestro insegnava solfeggio per 6-7 mesi impostando poi gli allievi su qualsiasi strumento dalla batteria al pianoforte al violino alla chitarra jazz o classica ecc. ecc. Iniziai dopo il solfeggio, con il Carulli che divorai in sei mesi, poi con i studi di Carcassi ed i Capricci di Legnani. Conservo ancora i miei diari dove scrivevo le ore di studio al mattino presto e dopo le ore di lavoro in fabbrica. Appena finito il Carulli mi disse che dovevo cambiare chitarra e mi portò una Aria dentro un sarcofago di violoncello. Mi fece studiare nel frattempo dei pezzi di Tarrega " Capriccio arabo, le due sorelle" ecc. e di Albeniz "Ricordi di viaggio". 

Per lui ero un fenomeno, andava tutto bene. Gli allievi con i più disparati strumenti aumentavano in tutta la Carnia ospitale. Il suo insegnamento si limitava a sentire la lezione precedente ed a darmene un’altra sopportandomi senza dire niente, nota per nota. Cominciai a riflettere ed a guardarmi attorno. I miei pezzi non li faceva nessuno ma finalmente trovai un disco 78 giri di Segovia: da una parte eseguiva di Tarrega il Capriccio arabo e dall’altra parte Fandanguillo Arada e Danza di Torroba. Era tutta un’altra musica. La mia incorporava tamburi, violini, zampogne e tanta delusione. Un giorno venne a Tolmezzo il chitarrista Giuliano Balestra: fece un concerto e alla fine ebbi il coraggio di provare la sua chitarra: Eseguii le "feste lariane" di Mozzani e alla fine lui sorrise e riprendendosi la chitarra la suonò così bene e diversa in modo che io fuggii rosso di vergogna. Al quarto anno, diciamo, di insegnamento, il mio maestro voleva preparare un concerto tra orchestra di fisarmoniche e chitarra, questo dopo circa un anno che suonavamo nei teatri della Carnia (primo tempo orchestra di fisarmoniche, intervallo con i miei assoli e secondo tempo di nuovo con fisarmoniche). Era il concerto in D di Castelnuovo Tedesco. Finalmente ebbi il coraggio di andarmene e per un lungo periodo mi buttai a capofitto negli studi tecnici diplomandomi seralmente con tanti sacrifici al Malignani di Udine. Feci molto sport e calcio dilettantistico fino alla serie D, poi presi il diploma di allenatore di terza categoria. Girai il mondo per lavoro e dove arrivavo comperavo qualche disco o qualche spartito di chitarra o sentivo qualche concerto di musica classica. Arrivata una certa tranquillità e messo su famiglia ripensai alla mia battaglia persa, alle mie sofferenze. Dopo aver visionato penso tutte le cassette VHS disponibili sul mercato e sentito i CD con studi di Aguado, Carcassi, Giuliani, Sor, ecc. ricominciai da autodidatta tutto daccapo studiando molti pezzi di una certa difficoltà e raggiungendo certi traguardi. Ora, finalmente in pensione, lavoro quando mi pare al PC e navigo in Internet ma la mia più grande aspirazione e quella di insegnare e di appassionare allo studio della chitarra classica i giovani d’oggi che sebbene siano agiati e senza guerre, sono esposti a mille pericoli. Solo per questo e per sentirmi con la coscienza in pace, per limitare al massimo gli errori che posso fare, mi sono rivolto a lei che deve amare molto la chitarra e soprattutto la vita. 

(Franco Vuan)

Tolmezzo 15 ottobre 2000.-

Viozzi Guitar Duo